I miei 20 dischi preferiti del 2021, in libera associazione di idee, suoni e visioni. Dalle anime latine, al pop multiverso, cose cool e altre non molto cool, come il folk occitano; canzoni come incantesimi, album specchio dell’anima e del mondo, tramonti aranciati e rosati, lenitivi, collagismi, fanatismi, urla e trasfigurazioni, cose post, rapper e altre storie. Quest’anno funziona che i primi cinque sono quelli che ho amato e ascoltato di più, gli altri sono suddivisi per aree d’affinità: tra tramonti lenitivi (6,7,8), collagisti (9,10,11), il rap per me (12,13,14,15), i rocks (16,17,18,19) e una storia a sé (20).
1. C. Tangana – El madrileño

Alchimia perfetta tra anima ispanica, latina e l’attitudine urban contemporanea, El madrileño è il disco definitivo del nuovo flamenco pop; il folklore non è orpello decorativo, ma è carne viva e presente, grazie alle preziose e strutturanti collaborazioni che impreziosiscono ogni singolo brano, nonché a una produzione impeccabile. Vero disco tormentone, durante l’anno ho cambiato più volte il mio brano preferito, fino al singolo extra di mezza estate, Yate.
2. San Salvador – La grande folie

La sezione world music quest’anno dovrebbe abbondare di copie frontali de La grande folie: disco d’esordio del sestetto francese San Salvador sull’etichetta Pagans. Un viaggio alla riscoperta del folk occitano innestato su una sezione ritmica irresistibile: grazie ad un lavoro di ricerca e resa della polifonia accompagnata dalle percussioni, per uno dei dischi più singolari ascoltati quest’anno. Da dove iniziare? Dai 13:58 minuti meravigliosi de La Liseta.
3. Magdalena Bay – Mercurial World

Il duo formato Mica Tenenbaum e Matthew Lewin, firma con il suo esordio uno dei dischi pop dell’anno. Permeato da un’estetica post internet, già dalla copertina, ma con un suono in altissima definizione e una produzione impeccabile, dove ogni traccia, seppur spaziando tra diversi stili e decadi, si fonde nell’altra per un’esperienza d’ascolto fluida e da ripetere. Scegliere il singolo più bello è complicato, ma la chiave di volta è senza dubbio Chaeri.
4. SPELLLING – The Turning Wheel

I put a SPELLLING on you! Proprio come un incantesimo che aleggia su di noi con lo spettro delle migliori interpreti art pop, Chrystia Cabral apre le sue canzoni ad un’orchestrazione allargata per mettere in scena un disco in due parti rigonfiato da sonorità pop barocche: l’una più bucolica e folk, l’altra più sognante, divinatoria e dark; al centro la sua voce e la sua particolare timbrica, nonché una delle canzoni più belle dell’anno: Boys at School.
5. Lingua Ignota – Sinner Get Ready

Pare che Kristin Hayter abbia trascorso il suo lockdown in lochi sperduti della Pennsylvania in compagnia di un uomo abusante; nasce così un disco tra desolazione, violenze, rievocazione di storie del passato, il presente e su come i fanatismi possano intaccare la lucidità umana – la fede, ma con riferimenti anche all’attuale pandemia. Meno ostico dei suoi precedenti, Sinner Get Ready è un trionfo gotico inerpicato sulle sonorità acustiche tipiche dei monti appalachi.
6. The Weather Station – Ignorance

L’abito indossato in copertina da Tamara Lindeman è fatto di specchi, così che possa riflettere il mondo nelle sue canzoni sophisti-pop; quel mondo fuori che alle volte ci fa sentire così piccoli miserabili: un tramonto, il volo degli uccelli. Piccole epifanie quotidiane che alle volte squarciano il velo – e non possiamo continuare a ignorare il futuro.
7. Cassandra Jenkins – An Overview on Phenomenal Nature

La musica per me è sempre stata fortemente terapeutica, a prescindere dal suo contenuto. Il disco di cantautorato della newyorkese Cassandra Jenkins ha proprio quella vocazione, così le sue lente ballate sophisti-pop ci investono come un lenitivo fermo immagine da e sul mondo fuori; su tutte, una delle canzoni dell’anno: Hard Drive.
8. Circuit des Yeux – -io

Il tramonto è uno dei momenti per eccellenza della giornata in cui si attraversa il proprio io. L’ultimo disco di Haley Fohr s’impreziosisce di un ensemble di 24 elementi, anche se l’elemento di smottamento, la valanga sonora, rimane il teatro della sua voce. Tra lutto e PTSD, il viaggio non è sempre nero, ma può danzare in un valzer aranciato.
9. Tirzah – Colourgrade

Accoccolati nel pop sintetico e minimale di Tirzah tra gli alfieri di questa palpitante, corpuscolare, letargica, sinfonia di nenie cantante dopo una nottata di sbornie elettroniche. Un disco materno dove scorre parecchia linfa. Sia l’amore per un raggio di sole, un tè con l’amicə, la nuova foglia della tua calathea, un’ape sorpresa a ronzare o sì, un figlio.
10. Space Afrika – Honest Labour

Il duo di Manchester ci consegna uno dei dischi d’elettronica dell’anno: pura cartina del suono inglese, dentro c’è un mosaico di influenze: ambient dub, trip-hop, grime e altre storie hauntology; eredi del mondo post Burial, con Honest Labour gli Space Afrika assemblano un sensibile collage che diventa volta celeste delle nostre notti insonni nella city.
11. L’Rain – Fatigue

Se gli interludi posso appesantire l’ascolto, altre volte sono funzionali a creare l’ambiente di un disco. Si prenda ad esempio Fatigue: un disco di soul psichedelico immerso in una foschia di riverbero senza tempo tra collage e field recordings, dove non mancano di certo vere e proprie canzoni che centrano il bersaglio, come Blame Me.
12. Little Simz – Sometimes I Might Be Introvert

SIMBI è tornata con il suo disco più ambizioso: tra introspezione e personaggio pubblico, nastri soul senza tempo e grandeur orchestrale, tra afro roots e adrenalina da flow pazzesco; in cabina di controllo il fidato producer Inflo per un viaggio – con qualche interludio di troppo! – che vale tra le migliori performance rap dell’anno: Standing Ovation.
13. JPEGMAFIA – LP! (OFFLINE VERSION)

Il disco definitivo di uno dei rapper più amati del sottosuolo degli ultimi anni, disponibile in due versioni. La migliore? Quella OFFLINE, anche solo per l’esclusiva HAZARD DUTY PAY!. Barre taglienti, una collezione di beat e samples da gemme dell’infinito e una propensione melodica invidiabile, tra contemporaneità e omaggi ai classici del genere.
14. Tyler, the Creator – Call Me If You Get Lost

Dopo aver spiazzato tutti con il caleidoscopico IGOR, per Tyler, the Creator è tempo di affidarsi ad un nuovo alter ego: eccoci allora con Sir Baudelaire in un ritorno al rap originario, con tutta l’anima della maturità per un omaggio ai mixtape degli anni 2000 di DJ Drama; ed è proprio lui qui a presentare e condurre l’ennesimo centro di Tyler.
15. Genesis Owusu – Smiling With No Teeth

L’artista ghanese, con casa a Canberra, ha raccolto una nicchia di fan con il suo debutto tra rap, soul, funk e pop rock. Smiling With No Teeth, insomma, è un disco piuttosto eclettico che racconta con grande energia, il grande cane nero, quello della depressione, con un sorriso smagliante, anche se i denti non ci sono più, perché lo show deve continuare.
16. Low – HEY WHAT

I Low riescono ancora a stupire dopo decenni di discografia: la trasfigurazione sonora operata nel precedente Double Negative raggiunge qui nuove vette espressive in un disco dalla portata deflagrante. Le canzoni slow core di HEY WHAT si fanno strada nell’assordante presente – il rumore abrasivo, anche di copertina – in cerca di salvezza.
17. Black Country, New Road – For the First Time

Nel grande rinascimento del post-punk inglese – Black Midi, Dry Cleaning, Idles, Squid, etc. – i Black Country, New Road si affermano con il miglior debutto. For The First Time espande la tela del post-rock in felici momenti klezmer, math e free-jazz, guidati dalle liriche di Isaac Wood, perfetto crooner della disillusione giovanile contemporanea.
18. Turnstile – GLOW ON

Tra i diversi dischi post-hardcore usciti quest’anno che ho ascoltato parecchio – The Armed, Origami Angel – la vera sorpresa sono stati senza dubbio i Turnstile. GLOW ON è un disco luminescente tra riff e hook appiccicosissimi, ma il vero bagliore, tra i macigni di genere, sono quelle aperture sognanti, proprio come le nuvole nella rosea copertina.
19. LOREM IPSUM – Vivre encore

Nella vivace offerta musicale odierna, capita alle volte di trovarsi di fronte ad artisti che propongono sonorità che non capita di ascoltare tutti i giorni. Quest’anno, dalla Francia, insieme ai San Salvador, spuntano i LOREM IPSUM. In Vivre encore c’è un felice, inatteso, incontro tra il mondo della piccola musica da camera e le asperità dello screamo.
20. Cosmo – La terza estate dell’amore

Un disco che voleva esplodere in un’estate di festa – e invece. Rimane come monito di uno dei settori che ha sofferto di più in questa pandemia, quello dello spettacolo. Il disco di Cosmo è urgente e politico, di corpi, di festa; tra la sempiterne sonorità elettroniche della summer of love e l’alone di Battisti, un riuscito, fresco, rave tutto italiano.
Appendice, o delle mie 25 canzoni preferite del 2021.
- C. Tangana – Yate
- Japanese Breakfast – Posing in Bondage
- Magdalena Bay – Chaeri
- San Salvador – La Liseta
- The Weather Station – Atlantic
- Lana Del Rey – White Dress
- Lingua Ignota – PENNSYLVANIA FURNACE
- SPELLLING – Boys at School
- Cassandra Jenkins – Hard Drive
- Dry Cleaning – Scratchcard Lanyard
- Angel Olsen & Sharon Van Etten – Like I Used To
- L’Rain – Blame Me
- MACE – ACQUA ཆུ (con Rkomi & Madame)
- Mahmood – Inuyasha
- Black Country, New Road – Opus
- JPEGMAFIA! – HAZARD DUTY PAY!
- Ice Age – The Holding Hand
- TORRES – Thirstier
- Madlib – Road of the Lonely Ones
- Billie Eilish – Happier Than Ever
- Tinashe – Bouncin
- Sufjan Stevens & Angelo De Augustine – Olympus
- Silk Sonic – Leave the Door Open
- Adele – My Little Love
- Injury Reserve – Superman That